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FASE 2 - attenzione ai bambini

di Aldo Fortunati

Sembra dunque che ci siano le condizioni per cominciare a riaprire, sebbene i dati sui contagi e i decessi ci dicano che siamo semplicemente sullo spiovente del tetto dalla parte della discesa e non più dalla parte della salita come fino a qualche settimana fa, ma non ancora in una tranquilla pianura confortata dalla conquistata immunità di gregge, o almeno da un valore stabilmente soddisfacente del cosiddetto indice di riproduzione del contagio. In tutto questo siamo certamente tutti contenti del fatto che le terapie intensive non siano sature, anche se crediamo sia condivisa l’idea che questo non è un buon motivo per allentare le briglie: sarebbe come superare con impudente tranquillità i limiti di velocità perché tanto c’è l’airbag. Nello stesso tempo, dichiarazioni curiose circolano – come quasi sempre purtroppo – per ciò che riguarda i bambini. Ad oggi – ma per la verità sarebbe meglio dire da oggi – un bambino ha la possibilità di uscire di casa solo nel caso in cui vada a fare visita a un congiunto: il che la dice lunga sul fatto che i bambini sono stati concepiti negli ultimi due mesi come fossero fantasmi.  Cosi, mentre il dibattito sulle modalità e forme per garantire agli adulti come mantenersi in forma facendo jogging e ai cani la loro ora d’aria non ha avuto mai incertezze ed è stato sempre sulla cresta dell’onda dell’attenzione, i bambini sono stati per lunghe settimane un lapsus sommerso nel silenzio.

Poi, più recentemente, da quando è divenuto attuale il problema della conciliazione fra lavoro e cura per la programmata ripresa delle attività, ecco che anche il diritto dei bambini alla socialità, al gioco e alla vita all’aria aperta ha ripreso vigore, fino a conquistare l’attenzione anche da parte del governo, che si è recentemente impegnato a definire le forme e i modi per consentire ai bambini di uscire di casa e anche per rianimare attività nei giardini, nei parchi e nei centri estivi. Tutto molto positivo, alla fine, ma a patto di non dimenticare di colpo i lapsus delle scorse settimane né il fatto che, in generale, quando il tema dei diritti dei bambini si propone all’attenzione mescolandosi con il tema della conciliazione chi vince in genere è il mondo della produzione, subito dopo si collocano i diritti dei lavoratori (e in particolare – opportunamente – delle lavoratrici) e solo in fondo, se ne rimane un po’, c’è anche spazio per i bambini. Probabilmente, portare i bambini per mano a fare una passeggiata nei giardini pubblici mantenendo le distanze di sicurezza poteva essere fatto allo stesso modo in cui è stato consentito portare a spasso il cane.

Ma al contempo sarebbe quanto mai opportuno studiare da subito – lo diciamo da alcune settimane – il modo per riaprire i nidi e le scuole dell’infanzia a settembre, o giù di li. Nell'impasse che ci si propone oggi bisognerebbe rigenerare l’immaginazione e aggiornare i progetti, mentre spesso si ha l’impressione di vivere una regressione: dai diritti dei bambini ai temi della conciliazione, dai nuovi patti intergenerazionali alla riproduzione di modelli di sviluppo evidentemente dannosi e iniqui, dalla prospettiva di mettere l’economia al servizio delle persone a quella di continuare a condizionare i consumi ai meccanismi dell’economia. Sempre pronti a non imparare dagli errori. Sia come sia, è del tutto evidente che il tema del diritto dei bambini alla socialità, al gioco e in generale ad opportunità educative diffuse e di qualità ha, oltre il crinale della prossima estate, una sua cifra critica nei numeri – ancora troppo bassi per i più piccoli – della diffusione dei servizi educativi. Ciò che ci preoccupa principalmente non è infatti quel che succederà nei prossimi mesi estivi, mesi che da sempre sono un periodo in cui nidi e scuole sono chiuse e le esperienze che bambini e ragazzi vivono anche al di fuori della famiglia riguardano il rafforzamento della relazione con la rete parentale e con i nonni e la frequenza da parte dei meno piccoli di alcune opportunità organizzate per gruppi di bambini e ragazzi. Ci preoccupa molto di più il ritardo prevalente – il “cantiere scuola” della Toscana è una eccezione positiva – nell’attenzione a come ripartire con i nidi e le scuole dell’infanzia da settembre, senza dimenticare che per lo 0-6 – in cui la nozione di distanziamento sociale è un ossimoro e in cui il banco come elemento distanziatore sarebbe un salto indietro di un secolo – non si potrà, come prevedibilmente nel resto delle scuole, alternare didattica in presenza e a distanza.

Ma se tutti hanno diritto a frequentare nidi e scuole dell’infanzia cosa racconteremo nei prossimi mesi ai genitori dei quasi 2 milioni di bambini che oggi si sono iscritti a nidi e scuole dell’infanzia? Non sarà buona soluzione incentivare le famiglie alla rinuncia – come accade oggi financo in Danimarca – per garantire migliori condizioni di sicurezza a chi frequenta ma con l’effetto di indebolire il sistema e lasciare tanti bambini e tante donne a casa. Si tratterà piuttosto di concepire e realizzare organizzazioni nuove e tali da non ridurre il tasso di offerta educativa per i bambini: non dunque attraverso turni alternati, ma semmai diversificando i tempi di frequenza in modo da offrire esperienze significative a tutti, ma anche distinguendo la lunghezza e i rispettivi tempi di frequenza in base alle condizioni di lavoro delle famiglie.

Attenzione ai bambini. Cento giorni ci separano dall’esame di verità del primo di settembre.

Proviamo a lavorarci insieme.








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